La notizia che tiene maggiormente banco in questi giorni -giustamente aggiungerei- è la scarcerazione del super boss Giovanni Brusca, uomo simbolo della Cosa Nostra più sanguinaria degli anni ’80 e ’90, braccio destro di Totò Riina, autore di un numero imprecisato di omicidi che va dai 150 ai 200, soprannominato scannacristiani per l’estrema facilità e ferocia con la quale ha sotterrato molti più uomini di quanti abitanti abbia un paesino sperduto di montagna, autore ed esecutore di uno degli omicidi più turpi ed efferati, ovvero quello del tredicenne Giuseppe Di Matteo, sciolto nell’acido citrico. Il motivo per il quale tale Giovanni Brusca è stato scarcerato, pare essere una legge che il giudice Giovanni Falcone -vittima più illustre tra quelle “vantate” dal boss- volle e che che venne approvata all’inizio del 1991, e che in realtà non era nulla di nuovo, ma semplicemente un’estensione di una legge vigente già dal 1980 e voluta da Francesco Cossiga, che prevedeva sconti di pena e agevolazioni pecuniarie a terroristi (successivamente mafiosi) che avessero dato informazioni estremamente importati ai giudici per le loro indagini, comprovate da fatti e testimonianze incontrovertibili.
Ammettiamo che i pentiti, dopo aver fatto la qualunque, abbiano diritto ad uno sconto di pena. Ammettiamo che Giovanni Falcone da buon cristiano quale era, ammettesse il perdono e fosse pronto a tendere la mano a chi era veramente intenzionato a porre fine alla criminalità organizzata; ma Giovanni Falcone è morto il 23 maggio del 1992. Non ha visto le immagini della Strage di Capaci, per altro attuata proprio da Giovanni Brusca, che è stato colui che ha premuto il pulsante che ha azionato i 500 kg di tritolo che hanno fatto esplodere l’autostrada di Palermo. Non ha visto le immagini della strage di Via D’amelio, di cui Brusca si è vantato di essere uno dei mandanti, anche perché questo lo collocava nella “Cosa Nostra” che conta; quella che decide, senza sporcarsi le mani. Non ha visto che durante l’attentato fatto al suo caro amico Paolo Borsellino, un uomo di “giustizia” ha violato e tradito il corpo del suo collega, intrufolandosi come un ladro in quella scia di morte e sangue, per sottrarre al giudice Borsellino l’agenda rossa e portarla a Brusca & Co. Non ha visto rapire un ragazzo tredicenne, tenerlo segregato in una buca sotterranea, non lo ha visto essere umiliato e seviziato, prima di essere sciolto nell’acido citrico tra atroci ed inumane sofferenze.
Caro Giovanni Falcone, la verità è che sei morto troppo presto. In tutti i sensi. Sei morto prima di vedere il lato più sanguinoso e spietato della mafia. Sei morto prima di sapere che una volta eliminati tu e Borsellino, la lotta alla mafia avrebbe subito un inesorabile colpo d’arresto, perché -caro Giovanni, questo lo verremo a sapere poi- nelle stragi di via D’amelio e di Capaci, sono coinvolti anche uomini di Stato, e chi veramente ha voluto la tua morte e perché, non lo sapremo mai. E questo dimostra che Giovanni Brusca, non ha veramente collaborato.
Ecco perché la legge “voluta” da Giovanni Falcone non doveva essere valida per Brusca; perché dovrebbe esistere l’aggravante della crudeltà che difronte alle immagini del ’92, non può essere comprata da nessun discorso, nessun nome, nessun (finto) pentimento. Caro Giovanni, chi ha seguito la tua lotta, sa che nella scarcerazione di Brusca non c’è nulla di giusto, ed il rispetto che ci hai insegnato ad avere per le sentenze, questa volta possiamo permetterci il lusso di prenderlo a calci, indignarci e farlo soprattutto per te. Chi ti ha ammazzato, non meritava sconti di pena. Chi ti ha amato e continua farlo anche dopo tutti questi anni dalla tua uscita di scena, non dovrebbe pagare l’affitto e gli alimenti a quell’animale che ha sciolto un ragazzino nell’acido, per fermare il pentimento di un collaboratore di giustizia arrestato prima di lui (già da questo si dovrebbe capire quanto Brusca abbia mai avuto intenzione di pentirsi e collaborare veramente…)
La legge non avrebbe dovuto permettere questo schifo. L’unica speranza è che esista al di là delle nuvole un Dio che prima o poi pareggerà i conti; nel frattempo, non dobbiamo sentirci in colpa o fuori luogo se ci indigniamo per una legge che porta il nome di Falcone. Falcone non avrebbe voluto questo. E se lo avesse voluto, dobbiamo candidamente accettare che in fondo, era un uomo come tutti, e come tale fallibile: e in questo caso, avrebbe sbagliato clamorosamente.
Ilenia Carbonara